L’ART. 26 D.P.R. 633/72 VARIAZIONI DELL’IMPONIBILE O DELL’IMPOSTA
L’art. 26, comma 2, del D.P.R. 633/1972, statuisce il diritto per il cedente del bene o prestatore del servizio di portare in detrazione (in tutto o in parte) l’IVA esposta in fattura, qualora l’ammontare imponibile (cioè il corrispettivo della cessione o della prestazione) venga ad annullarsi (o a ridursi) “per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose”.
I casi in cui l’infruttuosità sussiste sono il fallimento, il concordato fallimentare, il concordato preventivo, la liquidazione coatta amministrativa e le procedure esecutive rimaste infruttuose. Queste ultime si considerano infruttuose quando il creditore è rimasto insoddisfatto. Il Ministero delle Finanze ha affermato che il presupposto legittimante la variazione in diminuzione viene ad esistere quando il credito “non trova soddisfacimento attraverso la distribuzione della somma ricavata dalla vendita dei beni dell’esecutato ovvero quanto sia stata accertata o documentata dagli organi della procedura (es. Ufficiali Giudiziari) l’insussistenza di beni da assoggettare alla procedura (pignoramento negativo”.
Non sono, invece, comprese tra le procedure che danno il diritto a portare in detrazione l’IVA, almeno secondo l’orientamento dell’Amministrazione finanziaria, l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e l’amministrazione controllata.
Relativamente agli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis L. Fallimentare) ed ai piani attestati (art. 67, co. 3, lettera d) L. Fallimentare) l’inserimento tra le procedure che possono dare luogo all’emissione della nota di variazione è avvenuto, di recente, con l’art. 31 del D.Lgs. 21/11/2014 n. 175, cd. decreto “Semplificazioni”.
A seguito delle modifiche apportate al comma 5 dell’articolo 101 del TUIR dall’art. 33, comma 5, del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, si forniscono chiarimenti riguardanti il trattamento fiscale applicabile alle nuove ipotesi di deducibilità fiscale delle perdite su crediti.
In particolare, per quanto concerne la determinazione degli elementi certi e precisi, necessari ai fini della deducibilità della perdita su crediti, il nuovo comma 5 dell’articolo 101 del TUIR prevede ipotesi in presenza delle quali tali elementi possono considerarsi realizzati.
Si tratta per buona sostanza di perdite relative a crediti:
1) di modesta entità e per i quali sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza del pagamento;
2) il cui diritto alla riscossione è prescritto;
3) per i quali il debitore ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti;
4) che risultano cancellati dal bilancio di un soggetto IAS adopter in dipendenza di eventi estintivi.
I presupposti per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA, sono:
1) l’aver concorso alla procedura, cioè l’ammissione allo stato passivo del fallimento ovvero l’inserimento nell’elenco dei creditori del concordato preventivo;
2) che l’imposta per cui si esercita il recupero risulti da una fattura regolarmente emessa e registrata. Di conseguenza, non possono beneficiare della detrazione i soggetti che hanno certificato i corrispettivi con altri mezzi (in particolare, scontrini e ricevute fiscali).
Il momento in cui sorge il presupposto dell’infruttuosità delle procedure concorsuali (essenziale per poter operare la detrazione dell’IVA) è da far coincidere (cfr. circolare n. 77/E del 2000):
- per il fallimento, dopo 10 giorni dal deposito in cancelleria del piano di riparto (termine per la presentazione delle osservazioni al piano di riparto), ovvero, dopo 15 giorni dall’affissione alla Corte d’Appello del decreto di chiusura del fallimento (in caso di insussistenza di attivo, estinzione o pagamento dei decreti ammessi ecc…);
- per il concordato fallimentare, dopo 15 giorni dall’affissione della sentenza di omologazione (passaggio in giudicato);
- per la liquidazione coatta amministrativa, con l’approvazione del piano di riparto, che avviene 20 giorni dopo la pubblicazione del deposito del piano;
- per il concordato preventivo, il momento in cui insorge il presupposto dell’infruttuosità è il decreto di omologazione. Inoltre, la proposta di concordato può ora prevedere anche il non integrale soddisfacimento dei creditori privilegiati (i quali anche dovrebbero quindi avere diritto al recupero parziale dell’IVA).
- per le procedure esecutive il presupposto della infruttuosità viene ad esistenza, secondo l’Amministrazione finanziaria, quando il credito del cedente o prestatore non trova soddisfacimento attraverso la distribuzione delle somme ricavate dalla vendita dei beni esecutati oppure quando sia stata accertata e documentata dagli organi della procedura esecutiva l’insussistenza di beni da assoggettare all’esecuzione.
Con circolare n.26/E del 1° agosto 2013 avente per oggetto Perdite su Crediti Articolo 101, comma 5 del TUIR modificatodall’articolo 33, comma 5, del decreto legge 22 giugno 2012, n.83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n134 chiarisce che può essere ammesso il recupero dell’IVA anche nei casi in cui:
- il debitore si trovi nell’impossibilità di adempiere per un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale e che, pertanto, è sconsigliata l’instaurazione di procedure esecutive.
Per quanto precede, possono essere tenute in considerazione le lettere di legali incaricati della riscossione del credito (cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 3862 del 16 marzo 2001) o le relazioni negative rilasciate dalle agenzie di recupero crediti di cui all’articolo 115 del TULPS in ipotesi di mancato successo nell’attività di recupero, sempre che nelle stesse sia obiettivamente identificabile il credito oggetto dell’attività di recupero, l’attività svolta per recuperare tale credito e le motivazioni per cui l’inesigibilità sia divenuta definitiva a causa di un’oggettiva situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale del debitore.
- in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione (…) e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese.
TERMINE ENTRO CUI VA ESERCITATO IL DIRITTO ALLA DETRAZIONE
Atteso l’espresso richiamo della norma, per effetto del combinato disposto degli artt. 26 e 19 del decreto 633/72, il diritto deve essere esercitato “al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto” (cfr. ris. 85/E del 31.03.2009), dovendo intendersi, per verifica del presupposto, il momento in cui risulta definitivamente acclarata la infruttuosità della procedura concorsuale o esecutiva.
ADEMPIMENTI FORMALI
Dal punto di vista formale, ancorché la normativa di riferimento non preveda particolari obblighi documentali, è opportuno che il fornitore emetta una nota di variazione correlata alla fattura originaria, con indicate le sue generalità e quelle del cliente, la quantità e la qualità dei beni ceduti o delle prestazioni rese, l’ammontare dell’imponibile e dell’IVA originariamente fatturati nonché le variazioni sia dell’imponibile sia dell’IVA operate in conseguenza del mancato pagamento. Non è invece consentito emettere una nota di variazione per la sola IVA, tralasciando la variazione dell’imponibile (cfr. Ris. n. 127/E del 3.04.2008). Nella nota di variazione andrà evidenziato che si tratta di variazione operata per mancato pagamento del corrispettivo a causa di procedura (concorsuale o esecutiva ) rimasta infruttuosa, specificando gli estremi identificativi della procedura e gli elementi acclaranti la definitiva infruttuosità certificata dalla società di Recupero dei Crediti.
Poiché la perdita dedotta determina un decremento del valore fiscalmente riconosciuto del credito, eventuali somme ricevute in misura maggiore rispetto al credito residuo dopo la rilevazione della perdita, o eventuali riprese di valore del credito stesso imputate a conto economico, concorrono alla determinazione del reddito imponibile come sopravvenienze attive (cfr. Risoluzione n. 9/016 del 1° aprile 1981).